30 settembre 2007

To kill a mascherbird


Quando ero un bambino (già molto sexy) mi piaceva fare la classifica dei miei attori preferiti. In testa c'era sempre Shirley Temple, della quale mi ero invaghito anche se sapevo che i suoi film erano vecchi e che doveva avere una quarantina di anni più di me. I due posti più bassi del mio podio erano invece sempre contesi da Cary Grant, Gary Cooper e Gergory Peck; in realtà però Cooper era quasi sempre quarto e quindi il secondo posto era in pratica un duello tra Peck e Grant. Tutta questa premessona per dire che Gregory Peck, del quale oggi ho visto un'immagine in un depliant durante le nove ore e un quarto consecutive in teatro, è tuttora uno dei miei attori preferiti e che "Il buio oltre la siepe" del quale è protagonista rimane nella mia top ten dei film prediletti. Tra l'altro proprio ieri mentre aiutavo mio nonno a portare giù dalle sue strette scale un armadio in noce piombato da due quintali (ho stiramenti muscolari, snestri e ferite lacero-contuse su tutto il corpo) mi sono accorto che i miei nonni hanno il libro di Harper Lee (è una donna) dal quale è stato tratto il film e che non ho mai letto. Il titolo originale è "To kill a mockingbird", che significa più o meno 'uccidere un uccellino'. Il film è molto carino (fin troppo, certe scene come quella del prosciutto sembrano fatte apposta per renderlo "carino") e Gregory Peck sempre bravo. Pare fosse così anche nella vita privata: serio, onesto, progressista ed inappuntabile. Io poi smisi presto di fare le mie classifiche perchè commisi l'errore di farne vedere una ai miei amici di cortile e lì mi accorsi che per mantenere la stima e l'amicizia virile dei propri compagni di cortile dire che si adora Shirley Temple non è la mossa migliore. Quando iniziarono a prendermi in giro pensai che non mi sarebbe mai toccata un'altra prova così dura, ma non avevo ancora portato un armadio di radica giù per le scale di mio nonno o fatto nove ore e un quarto in Cavallerizza.

27 settembre 2007

Il cavallo da phynanze


Ho riletto l'Ubu Re, libriccino scritto ai tempi del liceo (1890 circa) dal francese Jarry con una comicità proprio liceale: semplice, "scatologica" (cioé "terra terra") e demenziale. A me ha fatto molto ridere. E' una specie di parodia delle tragedie storiche di Shakespeare, con un re grassissimo, meschino e ignorantissimo che mira solo a mangiare, ad arricchirsi ed ad uccidere tutti con il suo uncino da merdra e la sua sciabola da phynanze, spalleggiato da una moglie arpia che affama il cavallo da phynanze per fare la cresta sull'avena. Ieri sera ho anche scoperto che "Amleto" deriva da "amlohgi" che in antico norvegese voleva dire "deficiente" (e la saga di "Amlohgi" è una ripresa della storia di Brutus che in latino vuol dire sempre "deficiente"); anche in Ubu Re c'è un figlio che vendica la morte del padre, ma Ubu se la cava decisamente meglio dello zio di Amleto, grazie soprattutto ai garretti del suo impagabile cavallo da phynanze. Ecco la pagina iniziale dell'Ubu.

24 settembre 2007

La perduta filosofia catapopatetica


La cosa più bella quando vado a correre in salita è il momento in cui torno giù a piedi pian pianino. C'è la soddisfazione di aver compiuto la (piccola) impresa che ci si era proposti ed il piacere di camminare con la mente libera. Non so perché ma tornare giù a piedi con i muscoli doloranti invoglia alla riflessione filosofica, anche se io di solito finisco per pensare solo alla sexy edicolante od ad immaginarmi mentre segno il gol decisivo al 90' della finale dei mondiali (qualche volta quando non c'è nessuno in giro mimo anche la semirovesciata). Sono sicuro che se Aristotele invece di portare i suoi discepoli in giro per il giardino dell'Accademia li avesse fatti correre fin sull'Acropoli e poi tornare giù di passo la filosofia occidentale ne sarebbe stata ampiamente arricchita. Loro erano detti peripatetici (perì= in giro, pateo=cammino), io sono catapopateitco (kata apò=in giù). Se ci fossero stati filosofi catapopatetici qualcuno avrebbe sicuramente risolto il mio arcinemico paradosso di Epimenide e la mia vita adesso sarebbe diversa: molto probabilmente sarei fidanzato con l'edicolante e lei mi sarebbe venuta a vedere dalla tribuna mentre segnavo in semirovesciata il gol del 6-5 contro il Brasile.

21 settembre 2007

Prosa


E' uscito il calendario di prosa dei teatri di Reggio. Non ricordo come fosse gli altri anni ma quello di questa stagione mi sembra piuttosto interessante. Le due rappresentazioni che dovrebbero piacermi di più sono quelle di Sogno di una notte di mezz'estate (che stiamo leggendo proprio adesso io e la Robby, anche se con stili diversi: io sul lago delle nutrie con il casco da mbk in testa, lei in ufficio sgranocchiando un biancorì) e de Il giardino dei ciliegi. Shakespeare e Checov sono i miei autori preferiti e quelle due sono forse le loro opere che prediligo, perciò insomma sono più che contento delle scelte del direttore artistico dei teatri (che non so neanche chi è, a dimostrazione del mio ruolo centrale nei gangli strategici della direzione teatrale). Poi c'è il Faust (quello di Goethe? Non so, boh) e poi ci sarebbe anche l'Ubu Re, che è un'altra delle mie opere teatrali preferite; il problema è che il titolo completo è "Ubu re d'Italia", sarà recitato da Paolo Rossi e nella presentazione si spiega già che ci saranno riferimenti all'Italia di oggi ed "al vuoto morale della politica" etc etc etc. Comunque l'Ubu Re, lo spettacolo di Fo e quello di Marcorè su Gaber sono al Valli, quindi non penso che li vedrò. A corredo di queste mie interessanti riflessioni ho messo per la seconda volta questa illustrazione (Bottom e Titania nel Sogno) perché mi piace un sacco. Il "Sogno" lo fanno alla Cavalerizza, il che dovrebbe voler dire che la compagnia che lo mette in scena non è proprio di grido, però non importa. Sarebbe bella una rasegna shakespeareana d'esate, all'aperto, con il Sogno e la Tempesta recitate di notte tra le luci dei folletti e delle lucciole... ma immagino che l'abbiano già fatto mille volte in mille città.

Ecco la lista, casomai vi interessasse:
MISS UNIVERSO (con Angela Finocchiaro) 20-22 nov ARIOSTO
UN CERTO SIGNOR G (con Neri Marcorè) 30 nov-2 dic VALLI
PINOCCHIO 10-12 dic ARIOSTO
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE 8-13 gen CAVALLERIZZA
NOCCIOLINE 25-27 gen ARIOSTO
UBU RE D'ITALIA 28-30 gen VALLI
IL GIARDINO DEI CILIEGI 8-10 feb ARIOSTO
MEIN KAMPF 12-15 feb CAVALLERIZZA
NON SI PAGA! NON SI PAGA! 20-22 feb VALLI
FAUST 29 feb-2 mar ARIOSTO
SEI BRILLANTI GIORNALISTE 18-20 mar ARIOSTO
PROCESSO A DIO 28-30 mar ARIOSTO

19 settembre 2007

Post dal sottosuolo


Ieri sera sono andato a letto alle 2.15 perché ho passato tutta la serata a giocare a scacchi su internet ed a fare pocci al computer... Pensavo di stare lentamente un pochino migliorando e invece sto evidentemente diventando sempre più semo. Mi sento come il protagonista di "Memorie dal sottosuolo", solo che lui era sepolto dalle sue angosce esistenziali e io semplicemente dalla mia accidia.
Di questi atti di autoaccusa oltretutto ne avrò fatti 675 negli ultimi anni e so che servono solo a mettermi la coscienza in pace per un po'; probabilmente fra un mese andrò a letto alle 4.40 dopo aver trascorso la notte a giocare a briscola on-line ed a chattare su un forum di rugby armeno con una maschera del teatro di Erevan e scriverò un'altra inutile autocommiserazione... Va bè, comunque ho stabilito per un punto il mio nuovo record di scacchi, 1543 (tutta la prima parte del post era poi un pretesto per dire questo)

18 settembre 2007

Foto della Cavallerizza (ancora, sì. Non sbuffate che vi sento!)


Sta per iniziare il Rec festival, il festival di arti contemporanee di Reggio Emilia. Mentre in teatro i tecnici lavoravano come matti per montare le scenografie io ho dato il mio apporto facendo quel che mi riesce meglio: ho letto un libro, passeggiato per l'atrio, fatto foto. Come sempre ho cercato di scattare immagini artistiche, e per me fare foto artistiche si riduce poi a fare foto oscure di particolari minori. E visto che fuori tuona e non riesco a dormire anche se sono le 4 di mattina, eccole qua. La prima l'ho fatta alla macchinetta del caffè ed al boccione dell'acqua; quest'ultimo è simpatico perché ricorda (beh, almeno a me) C1P8, il robottino di Guerre Stellari che fu per un anno il mio idolo alle elementari. La seconda foto immortala il libro di Shakespeare che lascio sempre in bella vista sul bancone per sedurre le ignare visitatrici; anche oggi nessuna se ne è accorta ma io non demordo. Poi come al solito ho fatto qualche foto alle finestre: qui si vede uno scorcio di Caserma Zucchi, dove studiai durante le scuole medie, qui invece la luce del sole filtra tra le grate delle finestre a sud e dipinge caldi rombi sul muro. Poi ne ho fatto un'altra simile ma con un tema diverso: quando si chiude il teatro (o la casa, o peggio ancora la macchina) a volte rimane chiusa dentro una mosca o un altro insetto, senza cibo, e questa foto voleva simboleggiare il loro dramma. Quand'ero piccolo una volta una mosca si posò sulla tovaglia e mio nonno la spapellò con la mano e poi si pulì sulla camicia continuando a mangiare. E' un aneddoto che racconto spesso quando voglio creare una certa atmosfera con una ragazza. Poi ho fatto due foto che mi piacciono: questa ricorda un po' il teatro dell'assenza di Beckett o Ionesco, quest'altra ritrae la selva di appendini del guardaroba e magari ricorda invece i roveti dei disegni danteschi di Botticelli. Verso la fine mi sono sempre più montato la testa e sono diventato ancor più artistico: ho fotografato la tenda di entrata con un'immagine ravvicinata che vuole ispirarsi alla fotografia concettuale ed a quella materica; l'estintore, sullo sfondo del quale si scorgono i tecnici che montano la scenografia de "Il tempo sospeso del volo"; un segnale (questa l'ho intitolata "per di là" perché la freccia sembra indicare una meta al disorientato visitatore, ma anche "perdila" perché se la freccia indica una via sbagliata il visitatore perde la tramontana); il contenitore delle contromarche (ne abbiamo perse 35 su 170. Ricorda i contenitori per dadi o cartoncini di certi giochi di società dove da piccolo stracciavo sempre mio fratello. Adesso lui fa il ricercatore ad Harvard ed io la maschera, ma questo è secondario). E la foto finale è questa maschera che cammina su grata dell'aria condizionata facendosi una foto. Va bè, così. Buonanotte a tutti.

14 settembre 2007

Sogno bohemiene di una notte di mezzo inverno


In questi giorni sto finalmente leggendo dei libri carini (di quando in quando mi piace usare il termine "carino", non più di quattro volte per riga però). Sono ben tre: "Racconto d'inverno" di W.Shakespeare, "Sogno di una notte di mezza estate" sempre di Shaky e "La boheme", libretto operistico di Giacosa e Illica. So che non ha molto senso leggerne tre contemporaneamente, ma visto che non sono come quei libroni di Ken Follett o Wilbur Smith che divori in tre sere ma libricini in battute teatrali dal sapore più delicato, mi piace leggerne una scena (frazione di atto) per volta saltando da uno all'altro. Sì, ok, ma cosa ce ne frega a noi?, vi starete domandando voi o migliaia di miei lettori. Sì, in effetti avete ragione, ma in questo periodo non so bene cosa scrivere e poi mi andava di ganassarmi un po' dicendo che leggo Shakespeare e Puccini. La Boheme la sto leggendo in un file pdf su internet. Leggere su schermo è certo molto più scomodo che leggere un libro di carta sul divano o in giardino o in riva ad un laghetto (l'altro giorno ho portato con me Racconto d'inverno sul lago delle nutrie sperando che passasse una sexy guardiacaccia e ne rimanesse affascinata ma sono arrivati solo due pescatori di mezza età sull'altra riva), però insomma leggere su computer significa risparmiare 200 pagine di carta e quindi salvare un pezzetto di albero. Naturalmente questa è una delle cose delle quali gli ecologisti italiani fanno finta di non accorgersi perché una battaglia in tal senso andrebbe contro quella vasta popolazione di scrittori e saggisti che appartengono in maggior parte alla loro stessa sponda politica e che utilizzano centinaia o migliaia di chili di carta per libri non di rado inutili (questa può sembrare un'affermazione gratuita, ma io credo davvero che buona parte della produzione letteraria aggiunga ben poco alla vita del lettore e non valga il sacrificio della cellulosa impiegata per la pubblicazione). Va bè, insomma, così; una filippica populista ci sta sempre bene alla fine di un post.

12 settembre 2007

The man who climbed via Poiano


Oggi ho sfoggiato le mie nuove scarpe da corsa ed ho battuto il record stagionale di via Poiano, un chilometro scarso in salita. Sette minuti e 27" contro gli 8'00" di un mese fa. Come universalmente noto via Poiano è una viuzza molto carina posta fra Botteghe ed il Tirabusson. E' tutta al riparo degli alberi con il sole che filtra fra i rami scaldando i tronchi. C'è una rampa iniziale di cento metri, poi la salita diventa accettabile e costante nel tratto mediano per poi imbizzarrirsi in una terribile erta finale al 15%, durissima ma anche bella proprio perché si sa che dopo è finta. Una volta scollinati, i piedi (naturalmente anch'essi molto sexy) possono alfine riposarsi, mentre il fitto boschetto dei tornanti più bassi lascia spazio a cipressi che svettano verso il cielo ed ad alberelli dietro ai quali si apre una valle leonardesca. Il fortissimo podista Gorgosilase può così tornarsene con sguardo non troppo intelligente ma con animo fiero verso la partenza ove troverà ad attenderlo la fedele bici Katay.

10 settembre 2007

Kay, Sally e Mimì


Libri - Finalmente ho finito un libro dopo tanto tempo. Avevo iniziato La morte di Ivan Il'ic ma poi l'ho abbandonato a metà, avevo iniziato I fratelli Karamazov ma sono ancora a pag. 400, avevo iniziato L'Adalgisa di Gadda ma non mi piaceva, avevo iniziato Il ritratto di Dorian Gray ma non mi ritrovavo nello stile di Wilde (che apprezzo molto invece nelle commedie teatrali), avevo iniziato una raccolta teatrale di Marlowe (quello interpretato da Rupert Everett in "Shakespeare in love") ma era veramente troppo pesante per uno che fonda la propria cultura su Topolino e la Settimana Enigmistica. Adesso sono invece riuscito ad arrivare in fondo ad un libricino di Simenon chiamato "Tre stanze a Manhattan". Non lo considero un capolavoro, però insomma l'ho letto. Il personaggio femminile (Kay) è accattivante e ricorda un po' le donne esili e sole dei dipinti di Hopper, il personaggio maschile (Francois, alter ego dello stesso Simenon) è un po' meno godibile. Non so perché ma Simenon mi ricorda Hemingway, che mi è sempre stato sul gozzo.
Penpal - Ho un amico di penna come Charlie Brown! Cioè, in verità è un'amica e poi è di mail e non di penna, e poi non so neanche quanto sia contenta di questa relazione epistolare (l'ultima volta le ho parlato della formazione geologica di alcune colline e dei vari tipi di anatre che incontro in bici, credo si sia addormentata sei volte durante la lettura). Comunque è molto simpatica. E comunque anche a me come a Charlie B. piace molto più la matita della penna stilografica e anch'io avevo un cane bianco e nero (e anch'io come Charlie conosco una ragazza molto simile a Sally, anche se non credo che Sally castimasse in dialetto tarantino).
Pavarotti - La scorsa settimana al Teatro Valli di Reggio hanno fatto una commemorazione di Pavarotti nel giorno della sua morte, aprendo una sala al pubblico e mandando in onda il concerto che Pavarotti tenne a Reggio nel 1991. Era un concerto commemorativo del trentennale del suo debutto, perché (ho scoperto) Pavarotti aveva esordito proprio a Reggio nel 1961, il 29 aprile, interpretando la parte di Rodolfo (il poeta innamorato di Mimì) nella Boheme. Ecco, il libretto della Boheme è il prossimo libro che vorrei leggere (so che non ve ne frega niente ma ve l'ho detto lo stesso). A me Pavarotti non è mai stato simpaticissimo (non so neanch'io perché, forse per qull'aspetto da Mangiafuoco) però mi sono accorto ascoltando quel concerto ed in particolare un duetto tra lui e Domingo (dalla voce molto meno possente e più "ricamata") che era probabilmente davvero il più bravo tenore del mondo. Va bè, insomma, non che ci fosse bisogno del mio giudizio.

7 settembre 2007

C'era una volta il rugby


Visto che non sapevo cosa scrivere e che stasera iniziano i Mondiali di rugby ho deciso di postare questa vecchia storiellina...
Nel 1815 la piccola Mary Sue, una povera bimba orfana di madre e con il padre ubriacone, chiese a Dio di aiutarla. Era molto triste, il prosciuttificio di famiglia stava andando in bancarotta ed il suo babbo, disperato, aveva iniziato a bere ed a fare a botte. Così, una sera, alla luce tremolante di un lumino dove bruciava quel poco di grasso di porco che si riusciva a ricavare dai gracili maiali di famiglia, Mary Sue si ingonocchiò ai piedi del suo umile letto riempito con ghiande e foglie di quercia ed implorò il Signore: "Dio benevolentissimo ed aulentissimo, la fabbrica di carne di maiale di mio papà lavora pochissimo perché i nostri maiali non hanno niente da mangiare ma solo da bere e nessuno vuole i nostri prosciutti striminziti; mio papà bighellona tutto il giorno, si ubriaca, si infila in ogni zuffa rotolandosi nella melma e nelle pozzanghere, torna a casa alterato dai fumi dell'alcool e per di più mostra una insana attrazione verso i suoi compagni di sbornie. Puoi Tu nella Tua infinità bontà risolvere i suoi problemi e ridare serenità alla mia famiglia?". Dio, asciugandosi una lacrima con furtiva mano, promise di sì, e si mise al lavoro. "Dunque", pensò Dio: "devo creare qualcosa che permetta a quel povero padre di famiglia di guadagnare e che gli consenta di godersi tutte le sue passioni: rotolare nel fango come un suino, fare a botte con quindici persone alla volta, infilare la testa fra le chiappe dei suoi amici, bere come un canterano, mangiare come un orso bruno e sentirsi perfino superiore a tutti quelli che non si comportano in questa maniera. Cosa diamine potrò mai inventare? Ma sì, caspita, ho trovato! Creerò il rugby!". Così Iddio, colmo di rinnovato entusiasmo anche perché il giorno prima aveva creato il Petolo e non è che gli fosse venuto molto bene, chiamò subito uno dei suoi figli per portare a compimento la faccenda: "Gesù, vieni qua che c'è da fare una cosa sulla Terra!" "Ah no", disse Gesù che era molto fiaccone e se ne stava stravaccato sul divano a guardare Six Feet Under: "io ci sono già stato l'ultima volta, ricordi? Mandaci lui piuttosto, che non fa mai niente!", aggiunse indicando Guglielmo Elias, il più tonto dei suoi fratelli. Elias, al quale nessuno dava mai corda e che aveva per amico solo il figlio occhialuto di una piccola divinità buddista, fu molto felice di poter compiere una commissione per il Padre, che lui venerava quasi come un Dio: "dove devo andare, o Padre?" "Secondo te dove devi andare, asinaccio, se il gioco che ho inventato si chiama rugby? A Rugby, no?" ("mamma mia che figlio zuccone e tontolone che ho! Tanto meglio, così nessuno lo distinguerà dagli altri rugbisti", pensò Dio sfregandosi le mani). Guglielmo Elias scese così sulla terra, adottò il nome di William Ellis, andò all'università di Rugby, prese il pallone in mano, corse fra i pali ed inventò il rugby, proprio come gli aveva insegnato suo Padre. Allora tutti corsero a comprare i maiali del papà di Mary Sue, che non potevano far altro che bere tutto il giorno e perciò avevano delle vesciche gonfie gonfie proprio adatte a farci dei palloni ovali. Il padre di Mary Sue non solo iniziò a guadagnare bene ma si mise anche a giocare al nuovo gioco e presto trovò l'amore con un seconda linea educato e sensibile che aveva conosciuto durante una ruck. Tutto risolto felicemente? Quasi, poiché purtroppo Dio non si era spiegato perfettamente, anche perché quando in testa si hanno tutti i pensieri passati, presenti, futuri, possibili ed impossibili è difficile distinguerli nitidamente l'uno dall'altro. Così Webb Ellis fece un po' di casino ed inventò anche i trequarti, che da 170 anni partecipano ad ogni singola partita che Dio mette in terra senza che nessuno abbia ancora capito a cosa servano.

4 settembre 2007

Il fantasma del Valli


Ieri pomeriggio è più o meno iniziata la nuova stagione teatrale. L'occasione è stata un convegno di Yxyxyxyy durante il quale ho visto dal vivo Massimo Giletti e Maurizio Costanzo (definito da un presente "il marito della De Filippi", una specie di ignominiosa pietra tombale sullo sceneggiatore di "Una giornata particolare") e grazie al quale ho anche scoperto che il trend della moda 2007/08 sarà il ciuffo gellato con camicia rosa su pelle abbronzata (il trionfo del minimal-sober insomma). Va bè, insomma; comunque il convegno era ospitato dal Teatro Valli -il più importante teatro di Reggio- e così ne ho approfittato per fare delle foto qua e là, grazie anche al fatto che la capomaschera più in gamba nella storia dei teatri d'Italia mi ha fatto visitare alcuni ambienti nascosti. Il Valli è un pochino troppo sfarzoso per i miei gusti, esteticamente lo reputo inferiore all'Ariosto ed alla Cavallerizza: il suo fascino deriva dalla sua grandezza labirintesca e soprattutto dall'atmosfera degli ambienti non accessibili al pubblico, quelli dove velluto rosso e stucchi dorati non sono riusciti ad intaccare il regno del legno. E' lì che si respira più fortemente un'atmosfera da "Fantasma dell'Opera", con anfratti bui, luce che filtra tra graticci, vecchi pianoforti polverosi e vertiginose scale a chiocciole in quercia. Naturalmente ho fatto un sacco di foto, anche se non sono riuscito a toccare gli inarrivabili vertici artistici che raggiunsi con quelle in Cavallerizza. Eccole qua: la mia preferita forse è questa che ho chiamato "In the mood for rain", perché ricorda molto gli ambienti e le luci del film "In the mood for love" ed i due portaombrelli innamorati sembrano Cheung e Leung, i due protagonisti che rimangono vicini ma senza toccarsi perché entrambi sposati (e alla fine il portaombrelli va a sussurrare quel che non ha potuto dire alla portaombrella nel pertugio dove si infilano le chiavi per la portineria). Questa invece è la scalinata tortuosa che porta al bagno degli uomini, una foto che con ardita tecnica ho realizzato mettendo un dito davanti al flash prima che la mia capomaschera mi spiegasse pazientemente che esiste anche un comando apposito per escluderlo. Le altre sono meno belle, ma del resto si sa che la mia specialità sono le rotoballe e che non mi trovo a mio agio nell'immortalare ambienti chiusi: ecco qua il guardaroba, la porta sulla terrazza ovest, il porticato davanti, i giardini, la vicina Chiesa di San Francesco, il soffitto e una finestra con il solito effetto notte reso possibile dalla qualità bassina della mia macchina fotografica. Poi ne ho fatte altre due ispirate a due pittori: questa l'ho intitotalata con un impulso quasi sovrarrazionale di fantasia "Parquet" e voleva rifarsi ai quadri di Caillebotte sui raschiatori di parquet; quest'altra invece ritrae la sala prove del coro e mi pare che in alcuni aspetti (l'importanza della luce, la finestra come fonte luminosa e le gocce di luce/colore sugli spigoli dei braccioli delle potrone) ricordi un po' Vermeer.
Le altre maschere erano: Annalisa A. e Nicola.

2 settembre 2007

Un altro emozionante fotoracconto


Ieri ho deciso di provare emozioni nuove e violente così sono andato a fare un giretto in mountain bike sul Crostolo. Sotto un cielo a pecorelle ho imboccato il consueto sentiero popolato solo da noi mtbikers, dai nostri arcinemici motocrossisti (ne ho incontrati e guardati male quattro anche ieri ma loro non sono sembrati essersi resi conto del mio sguardo inceneritore) e dai sempre enigmatici fagiani. All'altezza di Pamperduto ho superato la conca di una delle tante cateratte del Crostolo e poco dopo ho virato verso la statale per andare a fare la terribile salita di Via Castello, un'erta infernale che nella storia solo io, Coppi e Giovannetti (senza mani e un giorno che aveva un po' di febbre) siam riusciti a scalare. E' lunga poco più di un chilometro ma è davvero durissima, una specie di Mortirolo in pavè, come fare la Parigi-Roubaix passando per le Dolomiti. Quando a metà si raggiunge il tratto più duro i lastroni di pavè acquistano una colorazione da disegno di Dorè e lo skyline delle rade case e degli alberi si fa nero e minaccioso. Però insomma alla fine ce l'ho fatta e anche con un tempo discreto, 9'02". Pago e tronfio d'orgoglio ho ripreso fiato in cima per un'ora e tre quarti mirando il panorama delle valli che se ne vanno serpeggiando fino al crinale appenninico; già che c'ero ho fotografato una bella fronda illuminata dal sole e, per qualche ragione, anche delle foglie secche. Al ritorno mi sono reinfilato sul sentiero del Crostolo e ne sono stato ripagato dall'apparizione di due rare bestie come questo coniglio di contadini e questa nutria che nuota a cagnolino.