11 gennaio 2010

La sguissera


Spesso, mentre facciamo sesso, le ragazze mi chiedono cosa ne penso della Svizzera. Io abbozzo riposte di circostanza, ma poi rimango come attonito a pensare dentro di me. In effetti i miei rapporti con la confederazione elvetica sono un po' ambigui. Pur rimanendo distante dal mio mondo, la Svizzera si è spesso introdotta in modo apparentemente casuale nella mia vita. Il primo ricordo risale a quando, da bambino, ero costretto a passare quasi tutti i pomeriggi in casa dei miei nonni: mia nonna spesso mi dava da mangiare la sguissera, che era una fetta di carne rotonda molto simile a quella degli hamburger. In italiano quel tipo di carne si chiamava proprio, non so perchè, 'svizzera'. Era una fettaccia poco saporita e poco buona, ma le mie sporadiche rimostranze non sortivano effetto perchè i miei nonni mi rispondevano sempre "tes e spast al nes", che vuol dire "taci e pulisciti il naso" e che è una risposta sempre vincente, sia che si sia in difficoltà durante una discussione con Socrate sia che un nipotino ti stia tediando con le sue lamentele culinarie. Pochi anni dopo iniziai a conoscere appena un po' meglio la Svizzera grazie alla Coppa del Mondo di sci, la mia grande maestra di vita, ma in realtà nello slalom maschile, la mia specialità preferita, non c'erano elvetici forti ed anche questo contribuì a darmi della realtà svizzera un'immagine di grigia medietà. Alla sera però guardavo Scacciapensieri, il programma di cartoni animati della televisione della Svizzera italiana, con la linea di Cavandoli e credo anche i cartoni della Warner Bros. Erano molto bravi nella tv ticinese. Qualche anno dopo capitai per caso su un documentario sugli stambecchi in romando, una lingua che non avevo mai sentito anche se mio fratello, profittando come sempre della mia ingenua innocenza, mi aveva convinto che i romandi contavano così fino a dieci (anche se i numeri, misteriosamente, erano solo otto): unci, dunci, trinci, quori, quorinci, un, franc, lè.
E uno dei miei albi preferiti di Asterix era 'Asterix in Elvezia', nel quale c'è un personaggio simpatico di nome Formagginix che secondo me qualche anno dopo venne ripreso su Topolino nella mia storia preferita in assoluto, "La spada di ghiaccio", nei panni del pavido Boz che accompagna Topolino e Pippo tra i monti innevati dell'Argaar e li lascia prima delle prove più dure, come Formagginix lasciava Asterix ed Obelix prima della salita finale verso la vetta.
Anche Reggio, la mia città, è salturaiamente ma ricorrentemente legata alla Svizzera. Qui da noi all'inizio del '900 (credo) si formò una piccola comunità elvetica, specializzata nel commercio dei dolciumi. Ancora adesso (o fino a pochi mesi fa) uno dei bar più in voga si chiama "Lo svizzero" e nel cimitero cittadino c'è un angolo dedicato a queste persone provenienti da oltre le Alpi. Anche Antonio Ligabue, il nostro massimo pittore, era nato in Svizzera da mamma originaria di lassù e da padre (forse) reggiano. E qui alla Baragalla, il mio quartiere, fu ritrovato alla fine dell' '800, sulla riva del Crostolo, un "piccolo tesoro" costituito da sei asce in bronzo ed un lingotto dello stesso metallo, risalenti al neolitico e probabilmente sotterrati come cosa preziosa da qualcuno (magari un ladro) che non riuscì più a recuperarli; le analisi hanno dimostrato che quel bronzo proveniva da vene delle montagne svizzere.
Insomma, la svizzera non mi è mai stata molto simpatica, perchè gli elvetici hanno questa nomea di iperprecisione e di asetticità e perchè come nazione non confina col mare e quindi non ha pesciolini che sono i miei animali preferiti; però ha spesso incrociato la mia vita e quindi insomma alla fine siamo quasi amici.

6 gennaio 2010

La palmata e altre cose noiose


Come sempre in questi giorni non sto facendo molto. Ho perfino collezionato le classifiche di trentuno campionati nazionali di rugby, attività che Sartre descrisse come aberrazione dell'anima umana. Ma va bè. In teatro tutto bene; all'ultimo dell'anno per la prima volta ho fatto il velarista, che è la persona che accompagna il sipario quando si apre e chiude per evitare eventuali inceppamenti. E' bello essere là in mezzo al palco dietro al sipario, un attimo prima che questo si schiuda, con milleduecento persone in attesa fremente al di là della tenda e gli attori tesi e concentrati a pochi centimetri dalle tue spalle. In questi giorni vorrei riprendere ad andare in bici, dopo tanti mesi di sosta. Non ho più l'impulso ad andare a pedalare da solo nelle campagna fredda, e questo credo sia un sintomo positivo. Però mi manca. Poi sto leggendo un libro di Vittorio Sgarbi sulle opere artistiche meno conosciute in Italia; è una rassegna un po' troppo frettolosa, però ci sono delle cose interessanti. L'opera che mi è piaciuta di più fino ad ora è un affresco rinascimentale in una casa privata milanese, ora studio di avvocati. Sono tre immagini con cinque giovani che giocano. A carte, a palla ed a "palmata" (si giocava appoggiando i palmi delle mani a quelli degli altri, non so bene come). Per pettinatura e grazia (e per la palla) le ragazze ritratte ricordano Amanda Sandrelli che gioca da sola in "Non ci resta che piangere". L'affresco è tutto rosso (che è il mio colore sfavorito) perchè, dice il libro, l'azzurrite è caduta con il tempo; però è molto bello lo stesso. L'affresco è il tipo di arte figurativa che mi piace di più, dopo i fumetti. Forse, spiegazione magari scontata, perchè l'effetto del trascorrere del tempo rende gli affreschi più simili alla nostra 'visione interiore'. Come nei ricordi, in queste pitture decadono alcuni particolari e si sfumano i colori, lasciando nitide solo le linee principali, cioè, forse, le idee per noi più importanti. Una cosa un po' curiosa che mi è venuta in mente ieri sera mentre portavo fuori il mio cane e lui mangiava la neve (diventa ogni giorno più semo, sono già tre le facoltà europee di etologia che hanno avviato studi su di lui) è che non mi pare che nessun artista classico abbia ritratto la pioggia o la neve che cade, nonostante la loro carica evocativa e la loro familiarità nella vita umana. E' un po' strano. Mi viene in mente "La tempesta" di Giorgione, ma lì la pioggia è ancora solo una minaccia in lontananza, non si vede. Boh.
Bè, tutto qui? Non scrive un post in cinque mesi e poi dice queste noiosità? Ebbene sì. Non so mai di cosa parlare. Pero va bene così.