24 settembre 2007

La perduta filosofia catapopatetica


La cosa più bella quando vado a correre in salita è il momento in cui torno giù a piedi pian pianino. C'è la soddisfazione di aver compiuto la (piccola) impresa che ci si era proposti ed il piacere di camminare con la mente libera. Non so perché ma tornare giù a piedi con i muscoli doloranti invoglia alla riflessione filosofica, anche se io di solito finisco per pensare solo alla sexy edicolante od ad immaginarmi mentre segno il gol decisivo al 90' della finale dei mondiali (qualche volta quando non c'è nessuno in giro mimo anche la semirovesciata). Sono sicuro che se Aristotele invece di portare i suoi discepoli in giro per il giardino dell'Accademia li avesse fatti correre fin sull'Acropoli e poi tornare giù di passo la filosofia occidentale ne sarebbe stata ampiamente arricchita. Loro erano detti peripatetici (perì= in giro, pateo=cammino), io sono catapopateitco (kata apò=in giù). Se ci fossero stati filosofi catapopatetici qualcuno avrebbe sicuramente risolto il mio arcinemico paradosso di Epimenide e la mia vita adesso sarebbe diversa: molto probabilmente sarei fidanzato con l'edicolante e lei mi sarebbe venuta a vedere dalla tribuna mentre segnavo in semirovesciata il gol del 6-5 contro il Brasile.

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