
Secondo una recente indagine del Codacons il 63% dei miei post inizia con "Secondo una recente indagine", il 79% contiene la frase "quando ero piccolo", il 77% abbonda di lamentele sulla mia vita e l'84% di queste si conclude con improbabili metafore. Volendo sfatare questi futili pregiudizi ho deciso di raccontare una piccola parabola riguardante un gioco che conservo in solaio. Quando ero piccolo ci giocavo con mio fratello e con i fratelli che abitavano al piano di sopra; si chiamava "Il paroliere" e se non ricordo male derivava da un omonimo programma televisivo condotto da Jocelyn. In realtà non mi divertiva neanche tanto il gioco in sè (lo scopo era trovar delle parole formate da lettere stampate su sedici dadi) ma ero un po' affascinato dal movimento che si faceva per "mischiare" i dadi, quando dopo aver squassato la scatola che li conteneva li si scuoteva lievemente per far sì che tutti i cubetti venissero accolti dalle loro nicchie (forse ne avevo già parlato, ora che ci penso; spero di no). Io sono sempre stato disordinato un po' in tutti campi della vita, ma la sensazione di quei dadi che rientravano al loro posto creando un ordine pulito e compiuto mi lasciava (per quale precisa ragione non so) un po' incantato, come quando sentivo mia bisnonna leggere a bassa voce il giornale o come quando qualcuno ti sfiora la nuca con un dito. Insomma, tutta questa premessa per dire ua cosa forse un po' banale, e cioè che anche a me servirebbe una squassata per rimettere un po' in ordine le cose, perchè così come sono non permettono di costruire niente; se riuscissi a rimettere un po' a posto le lettere magari potrei formare qualche semplice parolina di base, potrebbe bastare.