5 novembre 2008

Lamento n°432


Anche questo è un periodo nel quale le cose non scorrono mica tanto per il verso giusto. Però ormai è un po' la normalità. Una delle cose più brutte di quando le cose non vanno tanto bene è che si rovinano anche quelle piccole realtà che sembravano belle in sè stesse e per questo inattacabili. Faccio un piccolo esempio un po' pavoneggione: Leopardi riusciva a trovare tranquillità ed un senso di infinito dietro la sua siepe, Pascoli nella nebbia che circondava la sua tenuta, Linus sotto la sua coperta, Schroeder chinando la testa sul pianoforte, Snoopy sdraiandosi sulla cuccia a guardare le stelle; ognuno ha un suo rifugio ed un panorama dove riposare gli occhi lasciando vagabondare la mente. Il mio preferito è l'angolino sulla cataratta del laghetto delle nutrie (foto sopra; è un po' inquinato, se fosse bonificato l'Italia rientrerebbe nei parametri di Kyoto), però adesso non riesco più a starci a lungo. Rimango lì dieci minuti e poi mi vien voglia di andare via, di fare qualcosa. Come se un foro da qualche parte avesse fatto sgusciare via l' "infinitezza" di quel luogo. Va bè insomma. Di cose belle quali mi sono capitate? Ieri sera ho visto per la prima volta "La bella addormentata nel bosco" (1957) ed è stata una bella sorpresa. Quand'ero piccolo i film Disney non venivano mai riproiettati al cinema dopo l'anno della loro uscita, perciò non era possibile conoscere i classici come Pinocchio, Biancaneve (non ho mai visto nessuno dei due) e appunto La bella addormentata. Quest'ultimo non mi aveva mai attratto tanto ma l'ho trovato davvero carino: dura poco (72'), le scene del castello hanno uno stile curioso e accattivante ispirato credo alle miniature del 1300 e le tre fatine Flora, Fauna e Serenella (qui in uno spezzone su youtube) sono simpatiche.
Poi sto ascoltando un disco di Vivaldi ("Die vier Jahreszeiten") molto bello che mi ha prestato un mio amico. Più che ascoltando lo sto riascoltando per la settima volta. Io faccio sempre un po' così: ascolto lo stesso disco o canzone per dieci volte poi magari me lo dimentico per dieci anni.

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