10 luglio 2008

Gli otto siti della Pachesco


Dato che l'Unesco ha appena dichiarato "patrimonio dell'umanità" 27 nuovi luoghi (il mio preferito è forse il trenino svizzero) io ho deciso di nominare anche i miei otto luoghi da salvare, sperando di non aver già fatto in passato un post uguale identico.
Il campetto da calcio della Rosta Nova - Alla Rosta ho disputato la partita più bella della mia breve carriera calcistica. Era San Pellegrino-Bismantova e noi del Bismantova eravamo ultimi in classifica. Marcavo un bambino che si chiamava Bebo e che secondo certe leggende tramandate di quartiere in quartiere era stato valutato sei milioni di lire dal Parma. Il campo era quasi senz'erba, una distesa di fango secco; e io che giocavo sempre in scivolata mi scarnificai, quasi letteralmente, il ginocchio. Il mio allenatore entrò due volte in campo nel primo tempo per allacciarmi le scarpe (ero un po' imbranato) e due volte nel secondo per lavarmi via il sangue con l'alcool e cercare di bendarmi il ginocchio sinistro. Perdemmo 1-0 con gol proprio di Bebo, ma alla fine mentre ero alla fontana lui venne lì e mi disse "bravissimo".
Le pareti dell'asilo Belvedere - Le pareti di legno del Belvedere sono l'emblema del primo distacco dalla mia famiglia, il primo giorno d'asilo. La paura e l'angoscia che provai quella volta le ricordo ancora bene. Forse è proprio l'unica cosa che ricordo veramente di quel periodo. E non era semplice angoscia "animalesca": io sentivo di sentire paura, non la sentivo e basta. Forse per la prima volta non vivevo semplicemente ma riflettevo sulla mia vita. Perchè in fondo sono proprio le paure ed i problemi a spingerci a riflettere: finchè le cose vanno bene ce le godiamo senza farci domande.
La guardiola della Cavallerizza - E' forse il posto più carino di questi ultimi anni. Ne ho parlato tante volte, questa volta la lascio in pace.
Il tram numero 10 - La 10 era la linea con meno passeggeri e quindi quella cui venivano destinati i mezzi più datati. Non passava vicinissimo a casa mia e perciò lo prendevo solo al ritorno, perchè passava sotto la nostra scuola. Lento, vecchio e periferico, quel tram era un po' il mio trenino del Bernina. E poi transitava solo ogni 20 minuti invece che ogni 10, quindi avevo il doppio del tempo per corteggiare alla fermata le mie compagne di classe delle medie, che infatti fecero un esposto per chiedere di raddoppiarne le corse.
I divanetti del secondo ordine - I divanetti tra il secondo ed il terzo ordine del teatro Ariosto hanno un pregio impagabile: quando io sono in servizio ad uno dei due piani, la maschera che è in servizio all'altro ordine deve sedersi per forza lì per riposarsi ed una volta stravaccatasi non ha più la forza per fuggire, perciò è costretta a stare a sentire i miei racconti fluviali su quante nutrie ho visto o sull'etimologia delle parole sumere.
Il patio della casa di Lido degli estensi - Fu lì che vidi la finale Italia-Germania dei mondiali 1982. Erano belle estati quelle, al mare con mio fratello ed un trio di altri fratelli più o meno della nostra età. Di quella finale ricordo una coca-cola fredda in bicchiere che bevvi durante l'intervallo, subito dopo che Cabrini sbagliò il rigore, ed un po' di paura dopo che Breitner segnò il 3-1 che ridiede qualche piccola speranza ai tedeschi. E poi la festa finale, la gente che indicava gli appartamenti dei tedeschi con le persiane ermeticamente chiuse come se si stessero nascondendo, anche se poi magari erano semplicemente in giro anche loro.
La colonia di Pietrachetta - Pietrachetta è un paesino dell'appennino reggiano, ma non so di preciso dove si trovi. Non l'ho mai cercato e non l'ho mai più sentito nominare. Una specie di Shangrillà della quale si è persa memoria. C'ero stato in colonia con la classe alle elementari ed alla fine era venuta una supernevicata (foto sopra) che aveva messo in difficoltà i genitori che dovevano venirci a prendere e che aveva acuito la sensazione, piacevole, di isolamento. Mi ricordo la pastasciutta molto "da colonia" (cioè mal cotta ed in quantità bibliche) che ci avevano dato all'arrivo (la donna che ci serviva mi aveva chiesto se ne volevo un secondo piatto, ma non ricordo quale fosse stata la mia risposta) e le camere da quattro posti con un letto a castello.

1 commento:

Max_am ha detto...

Pacus, sai a cosa mi hai fatto pensare? Quando andavo al mercato delle pesche con mio padre (7/8 anni ca.), prima di tornare a casa, ci fermavamo sempre al baracchino delle angurie per acquistarne una. Oltre a batterci sopra al cocomero (attività che non ho mai capito del tutto e che faccio regolarmente solo per darmi quel non-so-che da intenditore e per poter dire con aria affermativa "Ok prendo questa!") era consuetudine tagliare un conetto per verificare l'interno del frutto. Questo post mi sembra uno di quei conetti d'anguria: credo dica molto di te. "Ehi Capo, è bella matura! Prendo questa!" :D