8 maggio 2008

Due racconti per bambini


La Sirena e il gabbiano
C’era una volta una sirena dai capelli viola, che viveva in una grotta di cristallo sulle rive di un’isola dei mari del sud. La sirena era anche una maga potentissima, e con il suo canto era capace di fare tutte le magie del mondo; poteva farle tutte tranne una, ma nessuno sapeva quale. Conoscendo i suoi poteri, nessun animale del cielo, della terra o dell’acqua osava avvicinarsi a lei. “Io non ci vado!” diceva il delfino: “Con le sue magie è capace di prosciugare il mare sotto le mie pinne!” “Può trasformarmi in un rospo schifoso…”, diceva la civetta. “Può trasformarmi in una civetta scema…”, rispondeva il rospo. Così la sirena era molto sola, e non aveva nemmeno un amico. Un giorno scoppiò una tempesta tremenda. La sirena, che stava seduta su una roccia ad osservare i lampi, vide un gabbiano che non riusciva più a volare, perché il vento lo sbatteva da tutte le parti. E siccome era capace di fare tutte le magie del mondo; tutte tranne una… la sirena ordinò alla tempesta di fermarsi. E la tempesta si fermò. Poi si tuffò nell’acqua per raggiungere il gabbiano, che galleggiava svenuto sotto i raggi della luna. Lo portò nella sua grotta di cristallo, e quando il gabbiano si svegliò, le disse: “Ti ringrazio sirena, perché mi hai salvato la vita. Per questo sarò tuo amico per sempre.” “Amico?” rispose la sirena; “E che cosa vuol dire?” “Non sai cosa vuol dire amico? Ma è facilissimo… lo sanno tutti… anche un bambino lo sa…” “Allora spiegamelo!” disse la sirena dai capelli viola. “Non è mica facile… mi devo concentrare… ma faccio un po’ fatica adesso; ho tanta fame che non riesco a pensare ad altro”, disse il gabbiano.“Se hai fame ti posso aiutare” disse la sirena. E detto questo cominciò a cantare. Il suo canto era magico; poteva fare tutte le magie del mondo… tutte tranne una. Così fece saltare fuori dall’acqua tanti pesci d’oro, che finirono dritti nel becco del gabbiano. Il gabbiano mangiò come un re... Fece un bel rutto… E poi le disse: Avevo fame e mi hai dato da mangiare… è questa l’amicizia.” E detto questo si addormentò. La sirena non aveva capito bene che cosa volesse dire amicizia; ma posò la testa vicino al gabbiano e si addormentò anche lei. E quando il mattino dopo aprì gli occhi, il gabbiano non c’era più. “AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!!!!!” Gridò la sirena piena di rabbia. Si sentiva tradita e abbandonata: il gabbiano se n’era andato senza dirle niente, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui. Le sembrava una cosa profondamente ingiusta. E siccome era capace di fare tutte le magie del mondo (tutte tranne una), al suo grido di rabbia la montagna crollò. E il gabbiano, che era solo uscito per prendere una boccata d’aria e stava appollaiato davanti alla grotta, venne sepolto dai sassi. “Che brutta fine!” disse il delfino; “ Lo dicevo io di non fidarsi” “Sarei diventata un rospo schifoso…”disse la civetta. “E io una civetta cretina”, le rispose il rospo. Attratta dalle loro voci la sirena uscì dalla grotta, e quello che vide le spezzò il cuore: il delfino, la civetta e il rospo erano raggruppati intorno al corpo del gabbiano ormai privo di vita. “E’ tutta colpa mia!” disse la sirena disperata: “Sono stata davvero egoista… volevo il gabbiano tutto per me…” Sentendo come si lamentava, gli altri animali ebbero pietà di lei; “Sei una maga potente”, le disse la civetta: “Sappiamo che puoi fare tutte le magie del mondo…” “Tutte tranne una”, aggiunse il rospo. “Allora non disperarti”, concluse il delfino, “ma ridona la vita al gabbiano!” “Non posso”, disse la sirena sconsolata, “perché è proprio questa la magia che non so fare. Io non sono capace di dare la vita. Ma rinuncerei a tutto il mio potere, se questo gabbiano potesse rivivere”. E mentre lo diceva piangeva, e le sue lacrime caddero sugli occhi del gabbiano. Dovete sapere che in quelle lacrime era concentrato tutto il potere magico del mondo, a cui la sirena aveva rinunciato per sempre. Per questo quando toccarono gli occhi del gabbiano, lui si risvegliò. “Mi hai salvato la vita ancora una volta”, le disse il gabbiano con un frullo di ali. “E ho anche capito che cosa vuol dire amicizia.” Gli rispose la sirena sorridendo: “Le tue ali sono fatte per volare, non per stare rinchiuso in una grotta; e siccome sono tua amica, per il tuo bene ti lascerò andare.” Così il gabbiano si alzò in volo nel cielo, planando verso il sole rosso del tramonto; la sirena lo guardò partire, e mentre lui si allontanava lo salutò con la mano.

I due succhini
C'erano una volta due succhi di frutta da 125 cl in tetrapack. Erano tutti e due alla pesca ed erano stati inscatolati per conto del Conad a Massenzatico. Al succo piaceva la succhina, però lei era fidanzata ed innamorata di un succo al pompelmo della Zuegg da mezzo litro. Provenivano dalla stessa confezione e questo aveva permesso al succo di fare conoscenza con la succhina durante la permamenza in supermercato, quando erano legati insieme e lei non poteva fuggire. Il succhino infatti era un po' noioso e la succa aveva tentato in tutti i modi di fuggire per sottrarsi ai suoi racconti, tanto che la signora che li aveva acquistati si era poi lamentata alla cassa perchè la confezione in cartone appariva mezza lacerata e allora gliela avevano fatta pagare solo la metà. "Io una volta da piccolo avevo conosciuto una nespola", disse il succhino, che quando era con la succhina non sapeva mai di cosa parlare e finiva sempre per raccontare di quando da piccolo era una pesca nel giardino dello stabilimento Conad di Roncocesi ed alla sera giocava in cortile con le nespole del vicino nespolo. "Ah!", rispose la succhina, che era molto buona e faceva sempre finta di interessarsi agli aneddoti del succo anche se la storia della nespola era già l'ottava volta che gliela raccontava e anche se in quel momento stava passando un aperitivo ai frutti di bosco da un litro con gli occhi azzurri. Succo e succa erano già stati bevuti da due mesi e per fortuna (di succo) erano stati buttati via insieme, perciò poteva continuare a starle vicino. Lui aveva una passione morbosa per le Fiesta Ferrero, che mangiava nel numero di ottantacinque al griorno, quando era inappetente, perciò era un po' in sovrappeso e nonostante fosse stato bevuto sembrava ancora un succhino pieno; anche lei delle volte era un pochino in sovrappeso, ma questo la rendeva ancora più bella e faceva venire voglia a succo di fare otto piccoli succhini con lei. Un giorno, quando le prime ombre del tramonto iniziavano ad allungarsi sulla discarica abusiva nella quale vivevano i due succhi, succo disse: "Lo sapevi che io da piccolo una vol.." "Ssst!" fece lei, che aveva sentito un rumore strano ed era un po' preoccupata ma anche contenta di avere un pretesto per non ascoltare per la nona volta la storia della nespola. Una figura scura e parallelepipedosa si avvicinò nell'ombra della sera. Succo decise di giocare di anticipo e si nascose tremando dietro succhina. "Chi è là?" chiese impaurita succhina. Dall'oscurità emerse una sagoma che a succo apparve stranamente familiare. Era il suo vecchio amico nespola, che era stato trasformato in succo ma nessuno aveva voluto berlo perchè nessuno compra i succhi alla nespola, a meno che non ci siano allegate delle Fieste Ferrero, e così lo avevano buttato via senza aprirlo. "Zitti, marrani!", gridò nespola, che era triste ed arrabbiato come tutti i succhi scaduti e non bevuti; e sfoderò minaccioso la sua cannuccia, ancora perfettamente nuova ed affilata. Succo sfoderò la sua, che però era tutta screpolata e quasi inutilizzabile, perchè non usava mai il burrocacao. Con due cannucciate ben assestate nesopla buttò via la cannuccia di succo e lo ferì ad una spalla, perchè tutti i succhini hanno una spalla che gli serve per essere feriti nei duelli senza rischiare la vita. "Fermo, nespola!", implorò succo: "non ti ricordi di quando eravamo piccoli insieme e giocavamo in cortile?", chiese. "Io sì", disse succhina, che era combattuta tra la paura di vedere il suo amico infilzato ed il desiderio di vederlo per non sentire per la nona volta la solita storia. Nespola rimase un attimo interdetto: lui sapeva benissimo chi aveva di fronte ed aveva cercato apposta il suo vecchio amico perchè invidioso della sua felicità, però quelle parole accorate lo mossero a compassione ed una piccola lacrima al succo di nespolo iniziò a colare timida e furtiva dall'occhio che aveva sotto la spalla. Nespola lasciò cadere la cannuccia ed iniziò a piangere e piangere e piangere finchè non fu svuotato di tutto il suo succo. Quando si accorse di essere diventato un succhino vuoto anche lui come aveva sempre sognato, anzi di esser diventato il primo della sua famiglia ad esserlo, perchè tutti i suoi fratelli giacevano ancora imbevuti sugli scaffali del magazzino di un Ipersidis di Porretta Terme, Nespola sorrise per la prima volta dai tempi del cortile e si abbandonò al suolo stanco ma felice. "Son stato bravo e coraggioso?" chiese a succhina succo, che era abbastanza incline ad autolodarsi. "Tanto tanto", disse succhina, buona come al solito. "Facciamo dei bimbi?" chiese allora succhino con sguardo lussurioso e scarsa scelta di tempo. "No, sono innamorata di succo di pompelmo", disse succhina. "Ah", disse allora succo. Succhina di pesca sposò succo di pompelmo e fecero due succhi all'albicocca ed una succa all'ananas e vissero felici e contenti, Nespola fece una strepitosa carriera ed arrivò ad essere servito durante un summit internazionale di primi ministri mentre
sua mamma confettura di nespole lo guardava in diretta tv; succo di pesca invece si lasciò cadere nel tunnel delle fieste ferrero. Quando morì, poco tempo dopo, pesava ormai 156 cl.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il secondo mi ha fatto ricordare un vecchio video stra-bello dei Blur "Coffee + Tv" ed è speciale per la sua ironica dose di semplicità.
Vergogna! Il primo è copiato: fu scritto da Pacus Karl Grimm, il 3° sconosciuto dei noti fratelli, messo alla gogna perchè non amava fiabeggiare a colpi di morti violente. Pare che, 2 secoli fa, durante uno dei suoi "cicli-ci" giretti a velocità sostenuta, PKG abbia trovato la pozione "Saraiciòche6xsempre" sulle rive del fiume Crostolo e che, da allora, viva da quelle parti cibandosi di arbusti, radici e bacche. Alcune invaghite temerarie, incapaci di resistere al suo indubbio sex appeal, sfidando sì la sorte ma con le sopracciglie sempre perfettamente disegnate come ali di gabbiano, sono riuscite talvolta ad intravederlo negli anni tra i vellutosi sipari dei più importanti teatri emiliani. Da qui nacque il mitologico e sfuggente protagonista de Le Fantôme de l'Opéra (tit.originale: Dove minkia è la maschera? Non riuscimo mai a trovarla ... è sempre in giro a tromb... e a fotografare sedie e portaombrelli), despite common opinion, si mascherava perchè il fascino era tale da renderne impossibile la visione senza mortali colpi di cuore.
Uhuh! Trovato bicchiere d'acqua .. prendo la pastiglia ... e la smetto. :D (scusa post prolisso)

Anonimo ha detto...

:)
no, il primo racconto è di una mia amica che si chiama Lisa. Speravo di trovare un sacco di commenti che dicevano "uh, il primo racconto non è un granchè ma il secondo è bellissimo!" e invece niente.
Comunque appena riuscirò ad estrarre da Max la sua follia visionaria ed ad instillarmela migliorerò sicuramente un sacco il mio stile

robbby ha detto...

paco, mi sono commossa......é_è


bellifffime..