29 maggio 2008

Arca Pacis


In questi giorni alla Cavallerizza è iniziata un po' a sorpresa una nuova produzione per uno spettacolo che si chiamaerà "Blue planet" e che andrà in scena a Saragozza a fine agosto. Il regista è Peter Greenway (!) e le musiche sono di Goran Bregovic (ieri le casse mandavano la sua bella Ederlezi). La trama dello spettacolo verterà sul Diluvio Universale, perchè l'Expo di Saragozza ha come tema l'acqua. Stamattina vado a fare una vigilanza proprio in Cavallerizza e spero di incontrare Greenway, anche se in realtà non sono sicuro di aver mai visto un suo film per intero. La situazione in teatro si va facendo imbarazzante: diverse persone sia del pubblico sia della dirigenza si sono messe a darmi del "lei" e questo mi fa ancor più capire che alla mia età sono un po' ridicolo ad occupare un posto da maschera, con tutti gli universitari che ne avrebbero bisogno per racimolare qualche euro. Il problema è che non so assolutamente cos'altro potrei fare. Comunque sia questi anni in teatro sono stati molto belli e li ricorderò sempre. Quando me ne andrò farò anch'io come Noè e mi costruirò un'arca (in realtà il personaggio biblico che costruì l'arca si chiamava Fabrizio, però era un po' miope ed ad un certo punto invece di mettere insieme un elefante ed un'elefantessa prese due elefanti; e allora uno dei due disse "no, eh!" e da allora lui venne così chiamato) dove metterò due esemplari di tutte le maschere che ho conosciuto per averne sempre uno lì con me.

24 maggio 2008

Corradootot e Kristinayot


Ieri sera Corrado e Cristina hanno fatto il loro ultimo turno in teatro. Alla fine hanno aperto una bottiglia di vino ed un cartoccio di pasticcini, o almeno così mi hanno detto, perchè io non c'ero. E' un po' un peccato; il gruppo di vecchie maschere si va sempre più riducendo ed il ricambio è più veloce di quanto vorrei, perchè naturalmente gli altri stanno solo un po' lì in cerca di un vero lavoro e poi spiccano il volo. L'altro giorno ha fatto il suo primo turno una nuova maschera, che non ho ancora conosciuto: si chiama Riccardo C. e dalle uniche informazioni in mio possesso è altissimo. Ieri ho visto due spettacoli di danza di una compagnia israeliana, la Bathseva Dance Company: Kamuyot (al mattino) e Mamootot (alla sera). Carini, originali ed interessanti, credo che il responsabile dei programmi della danza sia forse quello con la migliore capacità di scelta all'interno della direzione artistica dei teatri di Reggio. Entrambi gli spettacoli avevano la stessa colonna sonora e la canzone più divertente era Do you wanna dance, che ho poi scoperto essere dei Ramones. C'erano anche delle guardie private israeliane (tutte calve) addette alla protezione dei ballerini.

21 maggio 2008

Once upon a time in Sala Verdi


Il letargo è già finito, non ho resistito più di cinque giorni senza scrivere. Ieri sera ho fatto un turno in Sala Verdi, il salone sovrastante l'atrio del teatro Ariosto. Era un turno di Fotografia Europea ed ero insieme ad una ragazza molto simpatica. Era molto simpatica perchè aveva qualche piccola imbranatura tipo le mie (ma molto più lievi) e forse anche per questo sapeva comprendere la mia goffaggine. Mi ha dato quattro consigli preziosi, anche se naturalmente non ne seguirò nessuno: 1) smettila di piangerti addosso 2) perchè non formi una società con le altre maschere? ognuno porterà il proprio bagaglio di conoscenze ed il proprio talento; 3) prova a partecipare al festival dei cortometraggi di reggio emilia, non ci vogliono molti soldi per girare un corto; 4) e smettila di piangerti addosso! Io però le ho insegnato il gioco di stecca-bistecca, quindi siamo ampiamente pari. Si chiamava Lisa. Prima del turno con lei ho fatto un turno in Cavallerizza alla mostra di Gadi Dagon, sempre per FotoEuropea. Totale due turni: otto ore, zero visitatori. Avevo anche portato la macchina fotografica per immortalare la Sala Verdi ma si sono esaurite le pile e così ho fatto foto solo alla mostra di Dagon (sono pannelli sul soffitto che si guardano sdraiandosi su dei cuscini a terra, però alla gente piace di più guardare i cuscini colorati che i pannelli) ed ancor prima al Crostolo reso impetuoso dalla pioggia. C'era una mamma anatra sul bordo del fiume, dove la corrente è un po' meno forte, insieme ai suoi piccoli nati da poco, un po' in pericolo; e c'era il padre (credo) che andava da una riva all'altra in continuazione, un po' con la famigilia, un po' sull'altra sponda dove c'erano altri due maschi adulti. Per andare dalla famiglia ai maschi svolazzava perchè era contro corrente, nel percorso inverso invece si lasciava trasportare dalle acque. Forse ogni tanto si rompeva del casino fatto dai piccoli ed andava "al bar" dagli amici.
Fotografia Europea 2008. Atrio Ariosto (1 turno): da solo. Cavallerizza (4 turni): Federica e Paolo. Locatelli (12 turni): Annalisa A, Corrado, Jessica, Natascia e Nikla. Palazzo Chierici (2 turni): da solo. Piazza Martiri 7 luglio (1 turno): Annalisa A e Valentina. Sala Verdi (1 turno): Lisa. Spazio Gerra (1 turno): ? e ?.

16 maggio 2008

Tempo di dormire


Questo blog va in letargo per un po'. Non per tanto, credo. Ciao a tutti, a presto...

13 maggio 2008


8 maggio 2008

Due racconti per bambini


La Sirena e il gabbiano
C’era una volta una sirena dai capelli viola, che viveva in una grotta di cristallo sulle rive di un’isola dei mari del sud. La sirena era anche una maga potentissima, e con il suo canto era capace di fare tutte le magie del mondo; poteva farle tutte tranne una, ma nessuno sapeva quale. Conoscendo i suoi poteri, nessun animale del cielo, della terra o dell’acqua osava avvicinarsi a lei. “Io non ci vado!” diceva il delfino: “Con le sue magie è capace di prosciugare il mare sotto le mie pinne!” “Può trasformarmi in un rospo schifoso…”, diceva la civetta. “Può trasformarmi in una civetta scema…”, rispondeva il rospo. Così la sirena era molto sola, e non aveva nemmeno un amico. Un giorno scoppiò una tempesta tremenda. La sirena, che stava seduta su una roccia ad osservare i lampi, vide un gabbiano che non riusciva più a volare, perché il vento lo sbatteva da tutte le parti. E siccome era capace di fare tutte le magie del mondo; tutte tranne una… la sirena ordinò alla tempesta di fermarsi. E la tempesta si fermò. Poi si tuffò nell’acqua per raggiungere il gabbiano, che galleggiava svenuto sotto i raggi della luna. Lo portò nella sua grotta di cristallo, e quando il gabbiano si svegliò, le disse: “Ti ringrazio sirena, perché mi hai salvato la vita. Per questo sarò tuo amico per sempre.” “Amico?” rispose la sirena; “E che cosa vuol dire?” “Non sai cosa vuol dire amico? Ma è facilissimo… lo sanno tutti… anche un bambino lo sa…” “Allora spiegamelo!” disse la sirena dai capelli viola. “Non è mica facile… mi devo concentrare… ma faccio un po’ fatica adesso; ho tanta fame che non riesco a pensare ad altro”, disse il gabbiano.“Se hai fame ti posso aiutare” disse la sirena. E detto questo cominciò a cantare. Il suo canto era magico; poteva fare tutte le magie del mondo… tutte tranne una. Così fece saltare fuori dall’acqua tanti pesci d’oro, che finirono dritti nel becco del gabbiano. Il gabbiano mangiò come un re... Fece un bel rutto… E poi le disse: Avevo fame e mi hai dato da mangiare… è questa l’amicizia.” E detto questo si addormentò. La sirena non aveva capito bene che cosa volesse dire amicizia; ma posò la testa vicino al gabbiano e si addormentò anche lei. E quando il mattino dopo aprì gli occhi, il gabbiano non c’era più. “AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!!!!!” Gridò la sirena piena di rabbia. Si sentiva tradita e abbandonata: il gabbiano se n’era andato senza dirle niente, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui. Le sembrava una cosa profondamente ingiusta. E siccome era capace di fare tutte le magie del mondo (tutte tranne una), al suo grido di rabbia la montagna crollò. E il gabbiano, che era solo uscito per prendere una boccata d’aria e stava appollaiato davanti alla grotta, venne sepolto dai sassi. “Che brutta fine!” disse il delfino; “ Lo dicevo io di non fidarsi” “Sarei diventata un rospo schifoso…”disse la civetta. “E io una civetta cretina”, le rispose il rospo. Attratta dalle loro voci la sirena uscì dalla grotta, e quello che vide le spezzò il cuore: il delfino, la civetta e il rospo erano raggruppati intorno al corpo del gabbiano ormai privo di vita. “E’ tutta colpa mia!” disse la sirena disperata: “Sono stata davvero egoista… volevo il gabbiano tutto per me…” Sentendo come si lamentava, gli altri animali ebbero pietà di lei; “Sei una maga potente”, le disse la civetta: “Sappiamo che puoi fare tutte le magie del mondo…” “Tutte tranne una”, aggiunse il rospo. “Allora non disperarti”, concluse il delfino, “ma ridona la vita al gabbiano!” “Non posso”, disse la sirena sconsolata, “perché è proprio questa la magia che non so fare. Io non sono capace di dare la vita. Ma rinuncerei a tutto il mio potere, se questo gabbiano potesse rivivere”. E mentre lo diceva piangeva, e le sue lacrime caddero sugli occhi del gabbiano. Dovete sapere che in quelle lacrime era concentrato tutto il potere magico del mondo, a cui la sirena aveva rinunciato per sempre. Per questo quando toccarono gli occhi del gabbiano, lui si risvegliò. “Mi hai salvato la vita ancora una volta”, le disse il gabbiano con un frullo di ali. “E ho anche capito che cosa vuol dire amicizia.” Gli rispose la sirena sorridendo: “Le tue ali sono fatte per volare, non per stare rinchiuso in una grotta; e siccome sono tua amica, per il tuo bene ti lascerò andare.” Così il gabbiano si alzò in volo nel cielo, planando verso il sole rosso del tramonto; la sirena lo guardò partire, e mentre lui si allontanava lo salutò con la mano.

I due succhini
C'erano una volta due succhi di frutta da 125 cl in tetrapack. Erano tutti e due alla pesca ed erano stati inscatolati per conto del Conad a Massenzatico. Al succo piaceva la succhina, però lei era fidanzata ed innamorata di un succo al pompelmo della Zuegg da mezzo litro. Provenivano dalla stessa confezione e questo aveva permesso al succo di fare conoscenza con la succhina durante la permamenza in supermercato, quando erano legati insieme e lei non poteva fuggire. Il succhino infatti era un po' noioso e la succa aveva tentato in tutti i modi di fuggire per sottrarsi ai suoi racconti, tanto che la signora che li aveva acquistati si era poi lamentata alla cassa perchè la confezione in cartone appariva mezza lacerata e allora gliela avevano fatta pagare solo la metà. "Io una volta da piccolo avevo conosciuto una nespola", disse il succhino, che quando era con la succhina non sapeva mai di cosa parlare e finiva sempre per raccontare di quando da piccolo era una pesca nel giardino dello stabilimento Conad di Roncocesi ed alla sera giocava in cortile con le nespole del vicino nespolo. "Ah!", rispose la succhina, che era molto buona e faceva sempre finta di interessarsi agli aneddoti del succo anche se la storia della nespola era già l'ottava volta che gliela raccontava e anche se in quel momento stava passando un aperitivo ai frutti di bosco da un litro con gli occhi azzurri. Succo e succa erano già stati bevuti da due mesi e per fortuna (di succo) erano stati buttati via insieme, perciò poteva continuare a starle vicino. Lui aveva una passione morbosa per le Fiesta Ferrero, che mangiava nel numero di ottantacinque al griorno, quando era inappetente, perciò era un po' in sovrappeso e nonostante fosse stato bevuto sembrava ancora un succhino pieno; anche lei delle volte era un pochino in sovrappeso, ma questo la rendeva ancora più bella e faceva venire voglia a succo di fare otto piccoli succhini con lei. Un giorno, quando le prime ombre del tramonto iniziavano ad allungarsi sulla discarica abusiva nella quale vivevano i due succhi, succo disse: "Lo sapevi che io da piccolo una vol.." "Ssst!" fece lei, che aveva sentito un rumore strano ed era un po' preoccupata ma anche contenta di avere un pretesto per non ascoltare per la nona volta la storia della nespola. Una figura scura e parallelepipedosa si avvicinò nell'ombra della sera. Succo decise di giocare di anticipo e si nascose tremando dietro succhina. "Chi è là?" chiese impaurita succhina. Dall'oscurità emerse una sagoma che a succo apparve stranamente familiare. Era il suo vecchio amico nespola, che era stato trasformato in succo ma nessuno aveva voluto berlo perchè nessuno compra i succhi alla nespola, a meno che non ci siano allegate delle Fieste Ferrero, e così lo avevano buttato via senza aprirlo. "Zitti, marrani!", gridò nespola, che era triste ed arrabbiato come tutti i succhi scaduti e non bevuti; e sfoderò minaccioso la sua cannuccia, ancora perfettamente nuova ed affilata. Succo sfoderò la sua, che però era tutta screpolata e quasi inutilizzabile, perchè non usava mai il burrocacao. Con due cannucciate ben assestate nesopla buttò via la cannuccia di succo e lo ferì ad una spalla, perchè tutti i succhini hanno una spalla che gli serve per essere feriti nei duelli senza rischiare la vita. "Fermo, nespola!", implorò succo: "non ti ricordi di quando eravamo piccoli insieme e giocavamo in cortile?", chiese. "Io sì", disse succhina, che era combattuta tra la paura di vedere il suo amico infilzato ed il desiderio di vederlo per non sentire per la nona volta la solita storia. Nespola rimase un attimo interdetto: lui sapeva benissimo chi aveva di fronte ed aveva cercato apposta il suo vecchio amico perchè invidioso della sua felicità, però quelle parole accorate lo mossero a compassione ed una piccola lacrima al succo di nespolo iniziò a colare timida e furtiva dall'occhio che aveva sotto la spalla. Nespola lasciò cadere la cannuccia ed iniziò a piangere e piangere e piangere finchè non fu svuotato di tutto il suo succo. Quando si accorse di essere diventato un succhino vuoto anche lui come aveva sempre sognato, anzi di esser diventato il primo della sua famiglia ad esserlo, perchè tutti i suoi fratelli giacevano ancora imbevuti sugli scaffali del magazzino di un Ipersidis di Porretta Terme, Nespola sorrise per la prima volta dai tempi del cortile e si abbandonò al suolo stanco ma felice. "Son stato bravo e coraggioso?" chiese a succhina succo, che era abbastanza incline ad autolodarsi. "Tanto tanto", disse succhina, buona come al solito. "Facciamo dei bimbi?" chiese allora succhino con sguardo lussurioso e scarsa scelta di tempo. "No, sono innamorata di succo di pompelmo", disse succhina. "Ah", disse allora succo. Succhina di pesca sposò succo di pompelmo e fecero due succhi all'albicocca ed una succa all'ananas e vissero felici e contenti, Nespola fece una strepitosa carriera ed arrivò ad essere servito durante un summit internazionale di primi ministri mentre
sua mamma confettura di nespole lo guardava in diretta tv; succo di pesca invece si lasciò cadere nel tunnel delle fieste ferrero. Quando morì, poco tempo dopo, pesava ormai 156 cl.

5 maggio 2008

Il posto più carino


Ok, ho deciso. Il posto più carino di Reggio (e quindi di tutto il mondo) è quello che ruota intorno a viale Allegri: la Caserma Zucchi dove andavo alle medie, il teatro Cavallerizza, il teatro Valli, i giardini pubblici con il cedro secolare all'ombra del quale corteggiavo la Bonacini, il teatro Ariosto dove viveva mia mamma da piccola ed ora anche il Museo Gerra. Il "Gerra" è appena stato inaugurato; è sorto al posto del vecchio albergo Cairoli e questo è un gran peccato perchè anche l'albergo aveva una storia, però il nuovo museo è davvero bello (tutto trasparente, sembra un po' un piccolo "Beaubourg") ed in un certo senso costituisce un prisma che riceve e dà luce da ed a tutti gli edifici circostanti. In particolare la sua presenza dà respiro al pozzo della Cavallerizza, finora così sottovalorizzato. Quella sopra è una piantina della zona dei teatri: il puntino rosso indica la mia classe alle medie, quello giallo il cedro del Libano, quello arancione il teatro Ariosto, quello verde il museo Gerra (ma all'epoca della foto c'era ancora l'albergo), quello lilla il Valli e quello blu la Cavallerizza.

3 maggio 2008

Qualcuno volò dal nido del cinciulo


Quasi tutte le cinciarelle nate nella mia casetta sul ciliegio ce l'hanno fatta e sono volate via. Solo una è perita e per quanto cinico possa suonare è un buon successo. La grande mannaia in verità si abbatterà tra qualche mese: avevo letto che in media una sola cincia per ogni covata riesce a superare il primo inverno. La natura è sempre poco simpatica. Le circa nove piccole cince non sono le uniche a prendere il volo in questa primavera. Una papaera milanese ha deciso di fare un percorso inverso al loro e tornerà al proprio nido, al sud. Per me cambierà poco, tanto non l'avevo mai incontrata neanche prima, però credo che per gli altri forumbloggers sarà dura. Adesso sono ingenuamente convinti di cavarsela, nonostante la tristezza, ma la grande mannaia arriverà questo inverno, quando lei mancherà alle birrate sui Navigli e solo un forumista su dieci riuscirà a sopravviverne. Comunque va bè, insomma: come disse un saggio con le basette, "per lei è meglio così, quindi è meglio così".